Wondergianna e l'allegra fauna dei concerti
di BUNSAI

 

Ritorno sul luogo del delitto scrivendo nuovamente le mie elucubrazioni in questa fanzine alla ricerca di una traccia, o solo un indizio che faccia un po’ di luce sulla natura misteriosa della fauna nanniniana dei concerti.
Non me ne vogliano i moderni seguaci dei metodi scientifici ed ultra-moderni di Key Scarpetta, mi perdonino i raffinati amanti dell’indagine deduttiva di Sherlock Holmes; mi risparmino, infine, i romantici lettori dei casi di Pepe Carvalho e dell’ispettore Montalbano.

Il mio stile non ha molto di scientifico, ha poco di deduttivo e nulla di romantico, ma in compenso è gratuito e molto personale.

Passo, dunque, a mettervi a parte delle mie intenzioni: studiare le caratteristiche comportamentali, ospitali e di costume dell’allegra fauna che segue le interpretazioni dal vivo di Gainnaladonna, compagna di canti, di bevute e, fortunatamente, non di merende.

So già che starete pensando: dopo le sgrammaticate poesiole in rima leccata dei fans d’oltreoceano, le impudiche avances della Alberti, i saggi quanto inutili commenti del butterato Fegiz, ci mancava pure questa maestrina dalla penna rossa che ai concerti sbraita e suda e il giorno dopo (lavata e profumata) si mette in cattedra a sputar sentenze.

Ne convengo, avete perfettamente ragione MA

- potendo la sottoscritta appellarsi alla provvidenziale regola per cui “Scrivere è lecito, leggere è cortesia” e

- potendo Voi, destinatari della fanzine, approfittare di tutti e dieci i sacrosanti diritti del lettore (stilati in tempi non sospetti dal democratico Pennac) fra cui vi è quello di NON LEGGERE

passo a dare libero sfogo alla mia sensibilità scribacchina da elefante scevra da qualunque remora o timore.

Dare inizio ad un racconto, una descrizione o un qualunque scritto non è cosa facile per chi, come me, ha poche idee e confuse sull’argomento che va trattando, ma cercherò comunque (con Vostro sommo gaudio) di far lavorare i miei neuroni votati all’assenteismo, per tentare di trovare il bandolo di questa aggrovigliata matassa.

Perché, tanto per cominciare, i giornalisti continuano a scrivere che ai concerti di Gianna ci vengono anche le mamme con prole,   quando io di carrozzelle ho visto solo quelle dell’ambulanza che ogni tanto si porta via qualche fan collassato per carenza di ossigeno ed eccesso di adrenalina?

E’ dai tempi di Fotoromanza che persiste questa visione romantica e nazional popolare, ma da allora, dovranno ammetterlo pure i redattori della Posta del Cuore dei rotocalchi per sole casalinghe, che qualcosa è cambiato!

In questo tentativo, ad essere sinceri, l’allegra fauna dei concerti le sta tentando tutte: sono state assoldate da tutta Italia intere squadre di calcetto femminile scelte in base alla potenza dei polpacci; ex sessantottine in cerca di un nuovo idolo ribelle cui votare la propria esistenza; esemplari di rara femminilità armate di machete, convinte che il Pendolo di Focault sia una rubrica di Babilonia.

Niente da fare: o i giornali Gianna non la cagano manco di striscio, oppure rispolverano i titoli dei giorni di gloria dell’84 e li riciclano per ogni occasione.

Anche quest’ultima estenuante tournée non ha sortito, in questo senso, alcun effetto, lasciando l’idea che i concerti del Mito siano il luogo ideale in cui portare i figli quando nelle vicinanze non vi sono luna park in funzione; essa ha, però, dimostrato agli occhi di tutti, ma soprattutto di noi fans esigenti e talvolta esasperanti nelle nostre aspettative, che Gianna c’ha una tenuta fisica degna di un decatleta dopato.

Riguardando le date dei concerti di questo Cuore Tour (ma era forse più appropriato chiamarlo Gambe Tour) si ha l’impressione che esso sia stato organizzato da un team di preparatori atletici della Ex DDR, tolti alle loro ordinarie iniezioni di estrogeni, dopo la scoperta che il 99% delle atlete da loro allenate è ora alle prese con problemi di peli superflui, mentre il restante 1% ha risolto questo fastidio cambiando sesso.

Il criterio di scelta dei luoghi in cui far cantare questa nostra Gianna Dei Miracoli (Alberti docet) pare quello della lontananza fra date contigue e seguendo lo slogan di “distante è bello” l’allegra fauna dei concerti ha attraversato la Germania e l’Italia. Come svariati decenni prima avevano fatto i giovani studenti europei che si erano recati in massa in India con il Siddharta sottobraccio, così il popolo nanniniano ha spiegato le vele diretto in culo al mondo con Un giorno disumano sulle orecchie e gli anfibi ai piedi.

Della serie maestrina fino in fondo…(esercizio) Provate a tracciare su una cartina geografica con una linea continua il percorso compiuto da Wondergianna nel corso di questa tournée; (soluzione) ne otterrete qualcosa di simile alla rappresentazione grafica del processo mentale di Valeria Marini ogni volta che legge l’ora da un orologio a lancette.

Una cosa è però da riconoscere agli organizzatori. Hanno contribuito a diminuire l’ignoranza geografica di noi fans che ora possiamo sbandierare le nostre nozioni di Turismo Urbano dei Centri Minori destreggiandoci con abilità fra le amene località di Visciano, Artena e Bagnoregio.

Se Gianna però c’ha dalla sua i potenti mezzi delle rock star (fra cui la BMW delle grandi occasioni) noi nanniniani dobbiamo accontentarci di veicoli ben più spartani e inaffidabili; ne sa qualcosa Mel che per far ripartire la sua fuoristrada (in strada no, fuori nemmeno, dove allora?) dopo il concerto di Modena, si è dovuta rivolgere persino ai Carabinieri che tanto per non smentirsi per ricaricare la batteria ormai andata le hanno offerto due Duracell (fossero almeno state le Metalcaline Philips…).

Ma lasciamo perdere queste divagazioni e torniamo al tema centrale prima che  il Comitato di Redazione decida di sfoltire questa mia dissertazione con agilità da Edward mani di forbice.

Si parlava dell’allegra fauna dei concerti, dunque, e con questa accezione so già di attirare non poche maledizioni, ma credetemi se Vi dico (anzi Vi scrivo) che l’uso del termine non vuole essere affatto offensivo, visto il mio profondo rispetto per il mondo animale.

Tuttavia, fauna è una locuzione quanto mai generica, mentre il popolo nanniniano non rimanda a nessuna associazione mentale con greggi o mandrie.

Al contrario, sebbene vi siano caratteristiche condivise tra i fans (passionalità e forte personalità, in primis) è anche riscontrabile una certa differenziazione di stile e vestiario che merita un’analisi più accurata.

Perdonate l’azzardo ma non giudico improbabile l’esistenza di una classificazione per gruppi di appartenenza, almeno in relazione ad un fattore: la scelta della fila nella quale assistere ai concerti.

Io lo ammetto da subito, nonostante sia una neofita in questo campo avendo sempre vissuto la mia condizione di fan in modo piuttosto intimistico, appartengo alla schiera di adepti che stazionano per ore davanti ai cancelli in attesa che si aprano le gabbie per correre, se necessario, ad ancorarsi alla transenna che separa dal palco.

Come me, purtroppo, vi è almeno un altro centinaio di persone ad ogni concerto con le quali non è da escludere che fra un po’ comincerò ad avere rapporti di buon vicinato, ma per ora ci limitiamo a guardarci con sospetto, timorosi ciascuno di perdere la posizione conquistata sino all’apparire di Deagianna. Solo Lei riesce, infatti, a porre fine ad ogni controversia distogliendoci da ogni altra attività che non sia l’estatica contemplazione della sua persona, lanciandoci nella magica atmosfera delle sue interpretazioni.

Prima di allora, però, è guerra aperta.

Io, lo riconosco, non sono particolarmente alta o possente (Taci Papera!) e quindi di fronte a certi colossi assoldati come body guard dalle loro protette, mi tiro in disparte, sperando al più di non essere tramortita da qualche abbraccio appassionato nel corso delle liriche più emozionanti.

In questo senso, sono ora piuttosto preparata e alle prime note di Profumo mi allontano dalle coppie più attizzate, tanto so che quando parte Ottava Vita mi vendicherò saltellando come una deficiente dall’inizio alla fine del brano.

Come dicevo, ai concerti le prime fila rappresentano uno spaccato di società assai curioso e interessante; nonostante Gianna abbia ormai da tempo rinunciato all’esclusiva degli anfibi quali uniche calzature degne di essere indossate dai suoi piedi, le allegre soldatesse della prima linea sembrano non essersene accorte e in luogo delle comode e leggere (ahimè costose) Prada, continuano ad optare per scarponi da Rambo con i quali deliziano i malcapitati arti che ci finiscono sotto.

Anche il resto del vestiario non ha d’altronde subite sostanziali evoluzioni dai tempi di Scandalo o Dispetto e ai completini minimalisti della Gianna d’oggi preferiscono jeans e articoli di merchandising che recano su di sé tutti i segni e gli strapazzi cui un bravo fan deve sottoporsi per vedere il Mito da vicino.

Devo ammettere che vi è in questa categoria una certa solidarietà; l’ospitalità dei seguaci potrebbe quasi divenire proverbiale, in particolare fra persone dello stesso sesso. Le intenzioni dell’ospite sono chiare, mentre per l’ospitato si tratta della possibilità di prendere due piccioni con una fava, a patto che i piccioni non siano troppo indigesti e che la fava in questione non sia già stata prenotata.

Dalla quarta fila in poi vi sono i fotomani, ossia coloro che approfittano della relativa quiete e dell’assenza di vicini particolarmente assatanati, per immortalare Divagianna in quadretti ameni da regalare per le feste comandate agli amici del Fan Club o a parenti disinteressati.

Sulle restanti fila posso vantare una conoscenza decisamente inferiore, visto che non le frequento, ma fonti indiscrete e di dubbia certezza mi informano che ad esse appartengono fans ugualmente appassionati ma meno disposti a trascurare il loro look abituale pur di attrezzarsi adeguatamente per il carnaio del Front row.

A partire dalla trentesima fila scema del tutto la mia percezione del popolo, non necessariamente nanniniano, dei concerti. Credo che la sua composizione dipenda fortemente dalla modalità di accesso dell’evento: se esso è a pagamento è probabile che alla trentesima fila non si arrivi nemmeno, mentre se è gratuito è certamente formata da baby sitter che vi portano i bimbi per far contenti i giornalisti che così possono riutilizzare vecchi articoli i puzzleiana memoria.

Bunsai
Settembre  1999